Sette anni per sempre


Lo ricordo perfettamente. Non è un ricordo improvviso che spunta adesso dal nulla, ma è un’immagine che ho sempre con me e che di tanto in tanto riprendo con il pensiero, come chi avesse nel taschino la vecchia foto di una persona amata e nei momenti giusti la tirasse fuori, per una qualsiasi ragione oppure senza alcun motivo, per un momento, per abbeverarsi di un sentimento che ha il gusto di una dolce nostalgia.

Era agosto, tanti anni fa, un bambino in villeggiatura tra grandi montagne che per un mese all’anno, con buona soddisfazione, lo potevano veder crescere felice. Dopo ogni giornata tra i boschi, sulla strada di ritorno a casa, la “casetta della montagna” come affettuosamente la chiamavamo in famiglia, mia mamma comprava al negozio di alimentari e giornali una di quelle merendine al cioccolato che oggi sarebbero considerate il più tossico degli alimenti, nella cui confezione si trovava l’immancabile sorpresa: un adesivo da collezionare. In realtà la collezione era del tutto immaginaria, poiché quei ritagli colorati non avevano nessuna relazione tra loro e non esisteva un album destinato a raccoglierli. Era la mia fantasia, sostenuta anche da parecchia golosità, a farmene volere quanti più possibile. Quel giorno la sorte mi regalò un grosso numero sette, azzurro e nero proprio come i colori della mia squadra del cuore. Esclamai entusiasta: “Sette! Come gli anni che compirò quando tornerò a scuola!”. Ricordo che dissi esattamente queste parole, come se qualcuno le avesse registrate su una di quelle piccole cassette a nastro che erano appena state inventate. E ricordo con precisione quello che pensai tra me e mi ripetei finché la sera non mi addormentai con quel numero sotto il cuscino: “Io nella vita voglio avere per sempre sette anni.”

Tornato in città alla fine delle vacanze attaccai l’adesivo sullo sportello dell’armadietto dei giochi nella mia cameretta, e così lui ogni giorno mi ripeteva: “Ti rendi conto di quanto è bello avere sette anni?”

L’anno dei miei sette anni passò. L’estate successiva mangiai merendine fino alla nausea, nella vana speranza di trovare questa volta il numero otto e poter continuare a collezionare una serie infinita di anni di felicità. Quel numero, inspiegabilmente, non mi riuscì di trovarlo quell’anno e neppure le estati successive. Poi scomparve anche quella marca di merendine. Anni dopo lasciammo la casetta della montagna e quella valle, in cui ogni tanto torno ancora per una breve gita. Sono montagne vicine, nemmeno tanto grandi. Chissà se si ricordano di me. La casetta è chiusa, il negozio di alimentari è diventato una banca senza impiegati. La mia collezione si è fermata per sempre al numero sette.

P.S.
L’armadietto dei giochi della mia infanzia c’è ancora, riciclato per altri usi in un’altra casa delle vacanze senza troppo gusto per l’arredamento. Il numero sette è sempre lì, lui non è cambiato e ancora mi parla: “Ti rendi conto di quanto è stato bello avere sette anni?” 

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